Nonostante il progressivo incremento dell’obesità, per molti medici questa malattia sembra essere terra di tutti e di nessuno: chi se ne interessa troppo, chi non se ne interessa per niente, chi ne fa solo una questione di “cassetta” e chi, invece, non ci si prova neanche perché la ritiene un’impresa difficile, frustrante e con risultati spesso deludenti.
E così, accade che:
il farmacologo ricerca sempre nuovi farmaci, più potenti e sicuri ma che, al momento, non ci sono;
l’internista è ancorato alla solita dieta scritta su un foglietto volante “staccato” da un manuale di dietetica;
l’endocrinologo ricerca una alterazione delle ghiandole endocrine senza ricordarsi che è molto rara l’obesità secondaria ad una patologia di questo tipo (tiroide compresa);
il chirurgo vorrebbe risolvere tutto e subito con un intervento dimenticando che questo, oltre a certi rischi, è riservato solo ai grandi obesi od obesità complicata da gravi malattie;
il dietologo pensa che, con una dieta ipocalorica ben fatta, si possa far dimagrire il paziente mentre è ormai dimostrato il fallimento delle “diete” non associate ad un cambiamento comportamentale;
lo psicologo pensa ad una soluzione psicoanalitica e dimentica così il bilancio energetico e le complicanze dell’obesità;
l’omeopata ed il fitoterapeuta credono che la soluzione sia nelle “goccioline” od “estratti di piante”, dimenticando che l’obesità è una malattia molto grave e difficile da curare.
altri medici si affidano alle “intolleranze alimentari” senza spiegare come, dall’interazione alimento “nocivo” e parete intestinale, diminuisca grasso corporeo e come, eliminando alcuni alimenti, si influenzi positivamente il metabolismo quando è vero, invece, che una riduzione di nutrienti lo abbassa. Di conseguenza, una cosa sono le “intolleranze” (che esitono), una cosa è l’obesità e che, cercare di “confondere” le due cose, significa anche illudere chi, può finalmente “prendersela” con qualche alimento “intollerante” invece che mettere in discussione il proprio stile di vita.
Ma allora, chi deve curare l’obesità? Non i singoli “attori” fin qui menzionati che non riuscirebbero, da soli, ad “assemblare” una patologia così complessa ma semmai un “team” di più specialisti oppure un’altra figura che definirei OBESIOLOGO. Tuttavia se il “team” può dare un supporto multidisciplinare, è anche vero che presenta maggiori costi, difficoltà di affiatamento sulle decisioni da prendere, vedere il paziente a “settori” e non nel suo insieme e, soprattuto, metterlo in difficoltà, perché, in caso di necessità, non saprebbe a quale specialista rivolgersi.
Di contro, l’obesiologo, se preparato dal lato multidisciplinare per curare una malattia così difficile come l’obesità e con alle “spalle” una collaudata esperienza in questa disciplina, ha il grande vantaggio di minori costi, di gestire il paziente nella sua globalità (obesità e malattie correlate) e, soprattutto, di essere l’unico punto di riferimento per rispondere ai tanti quesiti e dubbi che giornalmente“affollano” la mente di questi pazienti. Di conseguenza, chiunque voglia trattare un paziente obeso deve per prima cosa chiedersi se possiede davvero il “background” culturale sufficiente e se ha effettuato dei percorsi di “training” per acquisire gli elementi necessari per trasferire dalla teoria alla pratica una materia che deve trattare in modo “strettamente personalizzato” un paziente tanto difficile.
Tutto questo andava detto e chiarito, non solo per istruire il paziente a non cadere vittima della pubblicità ingannevole e delle soluzioni troppo facili, ma anche perché, chi vuole intraprendere la difficile impresa di perdere peso e, soprattutto, di poterlo mantenere nel tempo, abbia ben chiaro quale sia, per lui, il percorso migliore da intraprendere. Viceversa, rischierebbe di cadere nella trappola delle diete, assistere al “trionfo dell’obesita” e riconoscere che quanto detto nel 1959 da due noti studiosi americani conserva ancora la sua validità.
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